Zeus17

Gio'Sub Zeus17
Faro foto video LED pensato per viaggiare

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Andrea Murdock Alpini ci racconta le giornate trascorse in Russia, per la nuova esplorazione Gio'Sub Orda cave, Exploro Russia - Febbraio 2019

Giorno 2 - 1 Febbraio 2019

L'altoparlante in cabina gracchia le note procedure in caso di emergenza, poi la signorina dalla livrea blu e dal ricamo dorato di falce e martello alato dice ai passeggeri: "state seduti mentre si compiono le operazioni di scongelamento dell'aeromobile!". Ordinaria amministrazione per lo scalo moscovita.

Il volo per Perm ha qualche decina di minuti di ritardo, mentre scrivo osservo le scene al di qua del mio posto finestrino, mentre fuori lampeggiano i mezzi che svolgono le operazioni. Forse i prossimi saremo noi a staccare il carrello dalla pista, ora è il turno di un aereo della medesima compagnia. L'asfalto luccica, i miei occhi brillano: poche ore ancora di pazienza.

La pista di decollo e quelle di atterraggio sono separate da distese rettilinee di coltre grigiastra di neve spesse all'incirca cinquanta centimetri. Un braccio meccanico è arrivato in prossimità dell'ala e ha annebbiato la mia vista con una nuvola densa di schiuma anti congelamento. Le luci in cabina si sono spente. Arrivederci a Perm!

[...]

L'arrivo impone lo spostamento delle lancette dell’orologio in avanti di ulteriori due ore. Non esiste distinzione di colore nel paesaggio, le strade che percorriamo sono bianche come tutto il resto attorno. Nonostante sia mattino il sole tarda a sorgere, lasciando protagonista la notte.

Michail, il nostro autista, carica il rimorchio con le nostre borse piene di attrezzatura. Ha baffi neri, folti e ricurvi verso il basso. Mentre sto per salire in auto e intraprendere il viaggio, si accosta un taxi, dal lato guida scende un uomo di statura media con una t-shirt a maniche corte. Nel mentre soffia il vento e nevica. La temperatura segna -8,0° C.

Partiamo.

 

Verso le 8.30 siamo arrivati a Orda. Il buio ancora insisteva. Subito abbiamo iniziato a montare le attrezzature e verificare che tutto fosse a posto. Alla breve colazione è seguito un sopralluogo della nostra zona, che é terminato con la discesa alla grotta.

Il silenzio, il bianco candore dei cristalli di ghiaccio e il vento tagliente sul volto. Sullo sfondo il fiume ghiacciato dove qualche sporadico pescatore trivella, al gelo, per calare la propria lenza.

Ora di ritorno al mio alloggio mi dedico al riposo, tra un paio d'ore ci si dovrà preparare per la prima immersione.

Quando Italo Calvino scrisse il suo memorabile volumetto “Le Città Invisibili” fece una perifrasi della Via della Seta per raccontare a Kublai Khan la vastità del suo impero e delle mille sfaccettature che caratterizzavano ciascuna città visitata, allora  da un esploratore: Marco Polo. Quando si arriva al termine della lettura nella mente del lettore si insinua un dubbio, poi un immagine: che tutto questo peregrinare altro non fosse che la descrizione della città di Venezia?

Qualche ora fa, nel tardo pomeriggio russo, abbiamo svolto la nostra prima immersione all'interno della grotta.

Scendendo tuona il silenzio.

Ho particolarmente apprezzato le relazioni mute, di concentrazione reciproca, indossando il proprio equipaggiamento per poi scendere le ultime due rampe, composte da pioli ferrosi che portano allo specchio d'acqua da cui prende avvio l'immersione. Il primo team di tre subacquei è già sceso, ora tocca ai restanti tre tra cui me. Chiudo il gruppo data l'ampiezza dei bracci a supporto della videocamera.

Il primo spazio in cui si arriva non è una camera: è come essere a piazza del Campo, a Siena. Da subito la prospettiva cambia. La percezione di spazio è unica, ci si sente avvolti e partecipi di ciò in cui si è immersi.

Il volume d'acqua è enorme! Le pareti sono bianche, quasi da architettura razionalista anni Trenta. Si possono scegliere diverse vie da percorrere. Ciascuna porta a suggestioni diverse che alternano spazi grandi come cattedrali a passaggi sinuosi e intarsiati nella roccia.

Durante questa prima immersione abbiamo "esplorato" o meglio visitato i primi 500m lineari, che dal punto di ingresso portano al sistema ramificata occidentale della grotta. Gli spazi che si alternano sono ancestrali, lenti, delicati e spiazzanti per il salto di scala visivo a cui sottopongono costantemente l'occhio del subacqueo. In certi punti le striature verticali della roccia sembrano disegnare delle canne d'organo alle pareti. Non è un azzardo pensare che questo sifone porti con sé una certa ritualità e senso di sacralità, scandito dall'architettura stessa della roccia.

Filmavo, concentrato sul taglio fotografico e sulla sequenza che avrei voluto imprimere al carattere del luogo poi, d'improvviso, la pressione spaziale a cui mi sono sentito sottoposto è completamente mutata. Avrei potuto essere sotto la cupola di San Pietro a Roma, come sotto Agia Sophia a Istanbul tanta era la maestosità del momento.

Filmavo, poi per qualche istante ho spento i fari video. Di fronte a me, in lontananza vedevo i tre lumi dell'altro team, dietro di me la tenebra, candida.

D'improvviso ho acceso entrambi i fari puntandoli sulla parete alla mia destra. I cristalli di gesso brillavano, parevano impazzire per via degli elettroni che li avevano appena colpiti. Un istante al fulmicotone, come fosforo incandescente del flash di un reporter d'altri tempi.

 

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