Zeus17

Gio'Sub Zeus17
Faro foto video LED pensato per viaggiare

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Andrea Murdock Alpini ci racconta le giornate trascorse in Russia, per la nuova esplorazione Gio'Sub Orda cave, Exploro Russia - Febbraio 2019

Giorno 3 - 2 Febbraio 2019

La scala.

Ogni giorno la scala in ferro che permette di accedere al pozzo di ingresso alla grotta è sempre più ghiacciata. Ogni volta che si entra ed esce tutta l'acqua bagnata che vi cade sopra nel giro di breve tempo si solidifica creando uno strato di ghiaccio notevole.

Ci sono due corrimano, o meglio due tondini edili di grande diametro che permettono di reggersi durante i passi instabili. Quando ci si sente leggeri non è perché si ha "la grazia innaturale di Nisinskij" ma quanto più perché aumenta improvvisamente la frequenza cardiaca al sol pensiero di scivolare agghindati di tutto punto, e con una bi-bombola in spalla per di più. Se la scala è diventata il mio primo pensiero ogni volta che scendo in grotta, il crepito della muta stagna fredda e dura, che si attacca al legno della panca quando si esce dall'acqua, è diventato un suono familiare… per così dire!

Oggi abbiamo compito due immersioni per un run-time complessivo di 180 minuti. L'immersione del mattino è stata impiegata per cercare inquadrature e punti luce ambiente al fine di valorizzare alcune inquadrature del sifone. Una sferetta della luce sinistra ha deciso di abbandonarmi a metà della prima immersione, così armatomi di pazienza e ingegno ho cercato di

usare al meglio il mio braccio per dare la giusta angolazione al faro affinché la sospensione, che talvolta si presenta, sparisse quasi del tutto. Dopo novanta minuti di inquadrature “a braccio”, sia l’arto sinistro che il polso destro erano davvero provati! Deve essere per quello che non ho percepito il freddo? Si sa che l'approccio mentale è tutto oltre che condizionante, in entrambi i sensi di lettura.

Il laminatoio è un luogo davvero suggestivo posto a circa 350m dall'ingresso. Si trova nella parte meridionale della grotta proprio contro la parete di "confine", per così dire. Ho ribattezzato così questo spazio poiché la roccia appare fresata sia nella parte sommitale che in quella inferiore. Sono in realtà una serie di piani inclinati lunghi una ventina di metri circa in cui si passa quasi radenti il soffitto. Lo spazio è suggestivo anche poiché si arriva dopo una svolta secca a sinistra mentre si proviene dal volume precedente che è invece molto frastagliato. I blocchi sono lisci e squadrati. Istintivamente la caratteristica della pietra in questo punto mi ha ricordato la "scanalatura" che gli antichi egizi facevano nella pietra per estrarre i blocchi monolitici degli obelischi. Qui la sensazione è di star attraversando un spazio vuoto a cui sia stata sottratta materia, in netta contrapposizione con altri ambienti della grotta in cui si ha invece proprio la percezione di stare in uno spazio solido anche se pervaso dall'acqua.

 

Lame aguzze è sottili si trovano invece oltre, a comporre la pavimentazione di due ampie camere. Qui il bianco è rotto solo dal riflesso azzurrognolo dell'acqua sulle pareti perimetrali. La scena è romantica, nel senso che ricalca esattamente il soggetto centrale del quadro di David Kaspar Friedrich "Il naufragio della speranza", non è un'analogia, ne sarebbe la copia esatta se non fosse che il pittore tedesco non abbia mai potuto vedere questi luoghi.

Il clima è freddo. Le linee sinuose e levigate dall'acqua sono sparite, restano i grandi blocchi di pietra che dall'alto sono attirati per gravità verso il fondale di lastre rotte come cocci di vetro. È suggestivo.

Il cambio d'umore è repentino, l'atteggiamento interiore diventa serio. Lo sguardo è tagliato e interrogato da questi continui susseguirsi di piani.

D'improvviso la camera si interrompe a destra con un tunnel. Tornano le linee morbide, alla pareti si vedono i segni di piena, marcati da permanenze cromatiche differenti. D'intesa scatta il segnale di rientro, ancora molto lavoro c'è da fare per chi deve pulire le linee. Sollevato dall'incarico appoggio sugli avambracci l'attrezzatura video e lascio i fari accesi a mezza potenza per godermi i quaranta minuti di pinneggiata che ci riportano all'ingresso.

È stata una giornata di duro lavoro in acqua e fuori per tutto il team che, coeso, ha rinunciato al piacere individuale dell'immersione per mettere a disposizione altrui le proprie competenze. Stiamo per arrivare quasi alla linea che conduce alla franata d'uscita quando gli occhi cadono su un insolito oggetto ferroso: è un'ancora dell'ammiragliato. A questo punto mi sorge il dubbio se registrare l'immersione come "cave" o su relitto!?

Il labbro inferiore è un po' infreddolito quando esco, ogni tanto duole, ma non abbastanza per togliermi il sorriso nel ringraziare i miei compagni per l'avventura appena conclusa con soddisfazione.

Ora mi aspetta di nuovo la scala.

Già… la scala!

 

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