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Il relitto del “glorioso” Plinio

Il relitto del piroscafo Plinio giace sul fondale del lago di Mezzola dal 9 dicembre 2010, quando dopo anni di ormeggio in condizioni di degrado, di fronte al ristorante Barcaccia di Verceia, un forte vento ne ruppe gli attracchi e lo scafo senza il funzionamento delle pompe di sentina, per infiltrazioni sempre più corpose, si riempì di acqua inclinandosi per poi inabissarsi. Adagiatosi sul fondale pendente vi scivolò fino a giungere a circa 200 metri dalla riva e ad una profondità di 45 metri.
Inaugurato nel 1902, il Plinio fu il terzo piroscafo lariano a portare quel nome: il più antico, varato nel 1826, fu il secondo piroscafo presente sul nostro lago ed aveva lo scafo interamente di legno. Il secondo Plinio toccò l’acqua nel 1892, costruito dalla ditta Escher Wyss di Zurigo, aveva un ottimo motore funzionante a carbone, a triplice espansione forniva ben 500 cavalli di potenza che gli permettevano di viaggiare fino a 28km/h! Ma di lì a qualche anno si decise di usarlo esclusivamente per il trasporto merci, infatti alla fine del secolo i passeggeri lamentavano che a bordo dei piroscafi c’erano spesso voluminose mercanzie ad intralciare, così la Società Lariana pensò di dedicare alcuni natanti unicamente al trasporto mercantile. E così il “Plinio secondo” fu ribattezzato “Commercio”, ne conservarono il capiente scafo ma tolsero il prezioso motore sostituendolo con uno ad elica. Il potente motore Escher Wyss venne installato in un nuovo elegante piroscafo, il terzo Plinio, varato nel 1902 era più grande del precedente, con i suoi 53 metri di lunghezza e 11 di larghezza trasportava fino a 750 persone.

La discesa scorre lenta per precauzione, non sappiamo su che punto del relitto arriveremo. L'acqua è fredda, ben 4gradi, la visibilità assente: non si vedono le proprie ginocchia e le pinne. Il compagno deve stare attaccato, fisicamente attaccato, al braccio altrui. L'acqua è così densa e lattiginosa che assorbe il fascio delle nostre torce. Dopo tre minuti siamo alla quota del relitto, quasi non lo vediamo: impattiamo! 
"Allora è vero!!!", penso, "tutto quello che mi hanno sempre detto". Subito prendo tempo, direzione, memorizzo alcuni punti visivi che ci saranno utili per ritrovare la linea di risalita. Il pedagno con i magneti è fissato sulla murata dritta di fronte alla porta della cabina di comando mentre l'ancorotto invece era ben incastrato tra alcuni cavi in acciaio della luminaria, lo libero e lo fisso alla battagliola, sarà più facile recuperarlo dalla superficie poi.

L'immersione inizia. 
Si vedono 70cm., non oltre. L'aver studiato visivamente la conformazione del relitto in modo ossessivo si rivela la chiave per poter riconoscere i dettagli del glorioso Plinio. Iniziamo a navigare lungo la battagliola, molto lentamente per non alzare il sedimento. Scorrono le bitte e alcuni dettagli della rivettatura con cui erano state giuntate le lamiere dello scafo. Mirabile architettura navale novecentesca. 
Raggiungiamo il bellissimo occhio di cubia da cui venivano calate le ancore, poco oltre ci aspetta il "tagliamare", affilato e dritto che scompare nel fango. È il primo dei due momenti in cui ci stacchiamo leggermente dal relitto per vederne l'insieme. 
L'idea di perdere il relitto ci spaventa, con visibilità così ridotta sarebbe difficile anche ritrovarlo. 
Proseguiamo sulla murata di sinistra, a centro nave compare la mitica scritta, intagliata e non apposta "PLINIO". Scendiamo di qualche metro di quota, andiamo a vedere la prima delle due pale spinte dal vapore dell'allora caldaia a carbone. È davvero entusiasmante!
Scorriamo un po' di oblò, arriviamo a poppa. Un'insieme di spuntoni che disorientano parecchio. Riconosco alcuni cavi e lembi del vecchio telo parasole "blu". Avvicinarsi troppo sarebbe la fine. Una fitta coltre di oltre 30/40cm di fango lo ricoprono. Questa parte del relitto è davvero ostica e negativamente suggestiva. 
Girata la poppa recuperiamo la dritta. Qualche parsimoniosa pinneggiate verso la coperta, penetrare la sala viaggiatori ci appare come follia. Di nuovo la scritta Plinio e la seconda pala. Torniamo al pedagno. Mancano cinque minuti alla fine del nostro tempo di fondo. Giriamo attorno alla cabina del timoniere, infiliamo le torce dentro qualche spesso vetro rotto: il nulla eterno. Arriviamo alla scaletta di sinistra che porta al "ponte superiore" dove sta il fumaiolo. Preferiamo non attraversare, i riferimenti sono inesistenti.

È il trentesimo minuto.
 Si risale!
Scambi d'intesa e partiamo con deep stop e tappe deco. Altrettanti trenta minuti di decompressione e siamo di nuovo in superficie.

 

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